#iorestoinSALA highlights: 'The Bra'
Il protagonista di The Bra, Nurlan, macchinista di treni merci ormai prossimo alla pensione, attraversa tutti i giorni nel suo tragitto un angusto quartiere di Baku (capitale dell’Azerbaigian, nel Caucaso) dove il tracciato dei binari è così vicino alle case da corrispondere esattamente alla strada che separa tra loro i modesti edifici. La vita del quartiere si svolge sui binari: gli uomini bevono il tè seduti ai tavolini posti sulle rotaie, le donne stendono i panni su fili sospesi sopra il tracciato ferroviario. Quando il treno passa, gli abitanti si alzano, raccolgono frettolosamente i loro oggetti, scappano nelle case e tutto ciò che resta viene intercettato dalla carrozza guidata da Nurlan. Lui, a fine giornata, raccoglie gli oggetti rimasti attaccati al treno e li riporta ai loro legittimi proprietari: lenzuola, palloni, piume di pollo. L’ultimo giorno di lavoro, in procinto di andare in pensione, trova attaccato al tergicristalli un oggetto inusuale: un reggiseno. Nurlan lo mette nella sua valigia e lo porta nel villaggio di campagna in cui vive. Nei giorni a seguire, pensare alla donna che ha perso quel reggiseno gli toglie il sonno. La grande solitudine in cui vive lo spinge infine a mettersi alla ricerca della sua proprietaria: una ricerca che si rivelerà difficile, buffa, commovente, e che per lui finirà per coincidere con la ricerca dell’amore e dell’appartenenza.
«The Bra senza dubbio inizia come una commedia ma poi il protagonista, il macchinista Nurlan, incappa in esperienze che possiamo definire tragiche. Ma è anche una storia d’amore, una storia d’amore con un finale inatteso.
Ho scelto di fare un film senza dialoghi perché considero il parlato un modo per raccontare storie non-filmico. Il cinema è essenzialmente fatto di storie che vengono narrate attraverso immagini e suoni, ma non si può semplicemente eliminare i dialoghi dalla sceneggiatura. I film senza dialoghi devono essere concepiti proprio in quanto tali, questo comporta un lavoro notevole nella scrittura. Ma credo che il risultato sia qualcosa di unico per il pubblico che guarda il film».
Veit Helmer
Realizzare un film che sappia divertire, emozionare; essere poetico, lieve e profondo e farlo senza utilizzare alcun dialogo. Questa la sfida che pone (a sé e al pubblico) il regista tedesco Veit Helmer con The Bra (Il reggipetto), meritoriamente e coraggiosamente distribuito da Lab 80 e che ci pare doveroso proporre e riproporre anche nella nostra programmazione virtuale di #iorestoinsala. Perché questa sfida Helmer la vince con la stessa leggerezza che riesce ad infondere al suo film e, a scanso di equivoci, senza rifugiarsi in uno scimmiottamento del cinema muto, ma pensando il suo film esattamente come un film senza dialoghi, come se proprio attorno a questa “rumorosa” assenza, il film si sia costruito, con i suoi colori vividi, con il suo ritmo e con una colonna sonora (opera di Cyril Moran), che proprio per l’assenza del parlato assume un’importanza che va al di là del mero accompagnamento ma entra nel film come fosse un personaggio o una voce narrante, gli detta l’andatura, quasi lo compone. Non c’è bisogno di altro, basta questo, la musica, i rumori, i colori, gli sguardi; basta questo ad Helmer per creare un piccolo grande capolavoro tra Kusturika e Tati, un’elegia sognante e fiabesca della solitudine e del desiderio.
Per saperne di più:
- il trailer
- la recensione di Fabio Fulfaro, Sentieriselvaggi.it
- l’intervista a Veit Helmer, Cineuropa.org
- l’intervista a Veit Helmer, Taxidrivers.it