L’editoriale di agosto/settembre

22/08/2022

Al Cinema Ritrovato, Sotto le stelle del cinema, all’Arena Puccini, forse mai come quest’anno – in cui siamo ritornati ai numeri del 2019 – abbiamo sentito la gioia del pubblico, la felicità che il cinema può trasmettere e che
si spande, contagiosa, tra gli spettatori.
L’anno passato avevamo aperto la stagione del Cinema Lumière con Marx può aspettare, ora uscito negli USA e accolto da un unanime riconoscimento da parte della critica. Siamo fieri che Marco Bellocchio – che proprio nei giorni in cui scrivo sta girando a Bologna alcune scene del suo nuovo film dedicato al caso Mortara – sia il nostro presidente e che stia vivendo una stagione creativa strepitosa. Il suo Esterno notte è un evento cinematografico di sei ore che mantiene dalla prima all’ultima inquadratura un’originalità e una tensione narrativa straordinari, con un cast in cui tutti gli interpreti contribuiscono a dare profondità ai personaggi. Un film che affronta uno snodo fondamentale della storia italiana del secondo Novecento, ancora troppo poco approfondito e mai del tutto chiarito. Nei primi onirici minuti del film, Bellocchio immagina che Moro sia stato liberato e che nella stanza dell’ospedale i suoi vecchi compagni di partito si ritrovino di fronte al loro ex segretario che nulla vuole più avere a che fare con loro. È un inizio folgorante, dove la messa in scena dell’impossibile ci aiuta a comprendere gli avvenimenti.
Accanto al film di Bellocchio abbiamo scelto una decina di opere, uscite negli ultimi mesi, che ancora non avevamo presentato al Lumière. Sono film che hanno fatto registrare, tranne il bellissimo Nostalgia di Martone,
risultati miserabili al botteghino italiano, pur essendo tutti convincenti, alcuni vincitori di premi importanti in grandi festival. Ne cito solo uno: Il male non esiste, Orso d’oro a Berlino, di Mohammad Rasoulof che, come il suo collega Mostafa Al-Ahmad è stato arrestato in Iran l’8 luglio per aver lanciato un hashtag contro le violenze della polizia del suo paese. C’è chi profetizza che il cinema sia morto, ma dobbiamo rilevare come ancora oggi molti registi restino vessilli, punto di riferimento per chi crede nell’impegno civile e nella libertà. La selezione di Gender Bender, che ospitiamo in questo programma, ci aiuterà a scoprire come i film continuino a essere strumenti essenziali per conoscere e condividere storie che altrimenti non sarebbero raccontate.
Catherine Deneuve riceverà alla prossima Mostra di Venezia il Leone alla carriera e si può solo essere sorpresi dal fatto che non lo avesse ricevuto prima. Attrice dal talento assoluto, icona di stile, ha saputo imporre per oltre sessant’anni, di film in film, d’immagine in immagine, un’eleganza e uno charme inossidabili, accettando con coraggio e generosità anche ruoli sulla carta impossibili, che la maggior parte delle sue colleghe avrebbero probabilmente rifiutato. Se crediamo nel cinema è anche grazie alla lezione d’arte e di stile che Deneuve ha saputo trasmetterci.
In occasione dell’uscita italiana del suo ultimo film, Crimes of the Future (lo stesso titolo della sua opera seconda, ma senza esserne un remake), dedichiamo a David Cronenberg una retrospettiva. Artista visionario, negli ultimi quarant’anni ha segnato indelebilmente l’immaginario di noi spettatori muovendosi sul crinale del tempo, tra presente e futuro, indagando le mutazioni del corpo umano, con una forza onirica concreta, tangibile, anche disturbante, come solo gli incubi sanno essere. Anche il nostro restauro del mese, Videodrome, è uno dei capolavori di Cronenberg, manifesto del suo cinema, profezia su quel mondo parallelo nel quale – correva l’anno 1983 – , l’autore canadese intuì che l’umanità stava per sprofondare, con una dissoluzione del corpo che Pasolini aveva preconizzato qualche anno prima in Salò.

Gian Luca Farinelli