Sono tornata emiliana e c’è sempre Matteo Rovere di mezzo! Quando ho letto la sceneggiatura ho trovato interessante questo personaggio perché è una donna all’avanguardia. Gabriella è un’insegnate che lavora, studia ed è indipendente. È il motore di molte scelte di Giorgio Rosa nel film. Mi piaceva l’idea di raccontare una donna figlia del suo tempo ma estremamente all’avanguardia in modo inconsapevole o naturale, che vivesse il suo contrasto interno tra il desiderio di fare parte di quel mondo utopico e di quel senso di libertà che le appartiene. Ma in quanto figlia del suo tempo è consapevole che ci sono delle regole da rispettare. Alla fine in questa dicotomia in lei prevale ciò che giusto.
Matilda De Angelis
Dieci minuti di cinema puro. Quasi senza parole. Da un lato la piattaforma costruita nel Mar Adriatico, fuori dalle acque territoriali italiane, dall’ing. Giorgio Rosa, estroso sognatore che incarna lo spirito più visionario e libertario del ’68, dall’altro gli incursionisti della Marina Militare inviati dallo Stato a bordo dell’incrociatore Andrea Doria per distruggere con l’esplosivo quella ‘pericolosa’ isola di libertà che ha avuto l’ardire di proclamarsi Repubblica indipendente. Storia vera, anche se davvero incredibile. Se volete vedere quanto è bravo nel raccontarla Sydney Sibilia (l’autore della trilogia di Smetto quando voglio), godetevi anche solo il finale: cinema fatto di sguardi, di campi lunghi e dettagli, di gesti, di silenzi. Non servono parole. Le immagini significano, le immagini comunicano, le immagini emozionano. Da un lato i rituali stanchi e untuosi del potere politico, dall’altro lato l’arroganza del potere militare, all’altro ancora l’orgoglio di chi si tiene per mano a testa alta per rivendicare il proprio diritto a non sottostare ai diktat del potere. Azzardo un’affermazione forte: secondo me L’incredibile storia de L’isola delle rose è il più bel film italiano sul ‘68 che io ricordi. Benché diretto da un ragazzo che nel ‘68 non era ancora nato (o forse proprio per questo?), ne coglie lo spirito e l’anima molto più di quanto non abbiamo saputo fare quei registi che pure del’ 68 sono stati protagonisti o testimoni diretti. […] Ma del ‘68 non ci sono solo gli umori e gli amori: ci sono le canzoni (da Geghegé di Rita pavone a Non è un capello di Edoardo Vianello a Sognando la la California dei Dik Dik, senza dimenticare Hey, Joe di Jimi Hendrix), i fumetti (Diabolik) e il cinema (finalmente qualcuno che ricorda che il più bel film del ‘68 è La notte dei morti viventi di George A. Romero!). […]
Giorgio e i suoi compari edonisti e visionari sembrano la versione romagnola del geniaccio zemeckisiano di Marty McFly: sono il nostro ritorno al futuro.
Gianni Canova